Natura

Chirotteri e insetti amanti del buio

Meta menardi | F. Tomasinelli

La formazione delle grotte

Circa 200.000 anni fa, durante la terza glaciazione conosciuta col nome di Riss, la Valle Gesso era coperta da due grandi rami glaciali: il primo, detto ghiacciaio di Entracque, era formato dai ghiacciai della Barra, della Rovina e della Trinità; il secondo, quello di Valdieri, era costituito dall’unione del ghiacciaio della Valletta e Valasco con quello della Meris. Le due principali lingue glaciali andavano ad unirsi a monte di Valdieri formando il grande ghiacciaio del Gesso, spesso circa 300 metri e largo quasi due chilometri, che si estendeva fino alla stretta di Andonno.

Nell’ultima glaciazione, detta di Würm, i due rami glaciali rimasero separati tra loro. I detriti portati a valle dai ghiacci sono ancora oggi visibili nei depositi morenici di Esterate, quelli soprastanti la località Piano di Entracque e di Tetti Bandito. In epoche più recenti, sorgenti sotterranee come quella della Dragonera presso l’abitato di Roaschia o quella del Bandito hanno scavato nelle rocce calcaree gallerie e cunicoli formando una fitta rete di grotte carsiche tra le quali appunto le Grotte del Bandito.

Nel Quaternario, in un periodo compreso fra i 66.000 e i 30.000 anni fa, la Grotta del Bandito fu abitata da popolazioni di orsi oggi estinti, conosciuti in paleontologia come orsi spelei e orsi delle caverne. Erano creature di notevoli dimensioni: gli esemplari più grandi potevano raggiungere i tre metri e mezzo di altezza eretti sulle zampe posteriori, per un’altezza alla spalla di circa un metro e mezzo.

Si stima che il loro peso potesse raggiungere la tonnellata. Questi numeri collocano l’orso speleo tra i più grandi mammiferi carnivori mai comparsi sulla Terra. Le ossa di questi animali si sono depositate in gran numero sul fondo delle grotte del Bandito, conosciuta fin dall’Ottocento per i suoi ricchi giacimenti fossiliferi. Durante le piene del Gesso le acque invadevano i cunicoli e le sale sotterranee delle grotte, e i detriti da esse trasportati ricoprivano gli scheletri di orso permettendone la fossilizzazione.

Le Grotte del Bandito oggi

La grotta è oggi di interesse biospeleologico, per la presenza di anfibi e vari artropodi rari. Queste grotte sono abitate dal Diplopode Plectogona vignai, dal Chilopode Lithobius scotophilus, dal Carabide Trechino Duvalius carantii ed è facile trovarvi il Carabide troglofilo Sphodropsis ghilianii, sul fondo ghiaioso della cavità, Dolichopoda ligustica sulle pareti, insieme a Limonia nubeculosa e a Lepidotteri dell’associazione parietale. Sebbene non sia stato ancora censito è probabile, sulla base di ritrovamenti effettuati in grotte vicine, la presenza del rarissimo Palpigrade Eukoenenia bonadonai. Sulla volta delle gallerie in prossimità dei numerosi ingressi si possono osservare ragni troglofili come Meta menardi (subtroglofilo) e Nesticus eremita (eutroglofilo). Nelle stesse zone, ma al suolo o sulle pareti, è spesso presente il Geotritone (Speleomantes strinatii, specie inserita nella Direttiva Habitat ed endemismo delle Alpi sudoccidentali.. Inoltre, sono state ritrovate 13 specie diverse di Chirotteri tra cui Rhinolophus ferrumequinum,Rhinolophus hipposideros, Barbastella barbastellus, Myotis myotis, Myotis emarginatus, Myotis nattereri, Nyctalus leisleri, Plecotus auritus.